È una grande responsabilità quella che ci si assume contribuendo a scrivere un libro di testo. Ed è una responsabilità che ha a che fare con quello che succederà nelle classi in cui si lavorerà con quel libro.
Un docente, una docente che si affacci per la prima volta alla scelta degli strumenti didattici potrebbe immaginare che le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi delle proprie classi possano lavorare seguendo schemi e attività che sono state progettate senza minimamente conoscere la loro realtà, come se ogni libro di testo in qualche modo stesse dando un’impronta dentro cui camminare – peraltro una sola tra le molte possibili.
Le autrici e gli autori invece sanno bene che stanno semplicemente dando una sorta di mappa, di territorio, che gli insegnanti, e con loro i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, possono esplorare, scegliendo di volta in volta quale bivio affrontare, in che direzione andare, dove fermarsi per una pausa e dove accelerare il passo.
Un territorio dalla geografia mutevole e dal clima variabile, dove occorre tenere sempre a portata di mano gli strumenti necessari per osservare con attenzione ed essere pronti a riprogrammare il cammino e talvolta la meta.
Forse è proprio questo ciò che più ci piace dei nostri libri: che non suggeriscano percorsi univoci, preconfezionati o obbligati, ma che in qualche modo permettano una buona libertà d’azione, affinché le insegnanti e gli insegnanti possano costruire in maniera autonoma il proprio percorso, sulla scia delle suggestioni che i brani e le attività proposte in pagina suggeriscono e, soprattutto, osservando e ascoltando la classe o le classi con cui ogni giorno condividono il cammino.
Questa è una grande libertà, che forse è necessario in qualche modo spiegare. Penso, ad esempio, al capitolo Bello o brutto? del volume 4 del libro dei temi del nostro progetto A più voci, su cui ho lavorato in classe un paio d’anni dopo averlo scritto con Marta Vitali.

Un esempio di lavoro con gli albi

Uno tra gli albi scelti per accompagnare il lavoro in classe è stato I terribili cinque, di Wolf Erlbruch pubblicato da Edizioni e/o. Ho chiesto alle ragazze e ai ragazzi di scrivere, ognuno sul proprio foglio, «Le cose belle che so di me…». Ho subito notato qualche resistenza, una sorta di imbarazzo.
A quel punto, dopo aver tagliato delle strisce di carta, ho chiesto di scrivere sul retro del foglio “Le cose belle che gli altri pensano di me…” I foglietti sarebbero serviti per condividere i pensieri su compagni e compagne, donandoli a ciascuno. Un’attività, questa, non suggerita nel capitolo, ma progettata pensando alle classi vive e vere in cui, da anni, lavoravo ogni giorno. Conosco diversi colleghi e colleghe che hanno fatto esperienze simili.
Ecco allora che il libro di testo non solo rispetta, ma fa leva – per essere pienamente efficace – sulla nostra e la vostra libertà, e ci permette di immaginare le tante strade diverse che ognuno potrà perseguire, nel rispetto delle diversità delle classi in cui il testo entrerà, soprattutto perché ogni insegnante, che insieme alle sue alunne e ai suoi alunni è sempre protagonista del percorso di apprendimento, potrà modulare, modificare, scegliere se e come svolgere, o stravolgere, il lavoro che – come una mappa – il libro propone. 

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