Alessia, ci siamo conosciute telematicamente e prima ancora ho sbirciato il tuo sito, alessiacanducci.it, nella cui home appare una nuvola di capelli con un uccellino in testa che canta. Il tuo viso celato in parte, e in parte svelato, da un libro. Un logo che mi pare riassumere bene le tue passioni e la tua professione. Sei attrice, regista, e soprattutto voce narrante. Leggi e porti vita alla narrazione un po’ dappertutto, in teatro, in biblioteca, nei borghi e ovunque ci sia attenzione per la lettura. Spesso sei anche nelle scuole. Ci racconti qualcosa della tua esperienza con la voce, a scuola?  

Sì, entro spesso nelle scuole e leggo ad alta voce storie, poesie, albi illustrati o brani con la consapevolezza che – quando siamo lì insieme i bambini ed io – non presto solo la mia voce al testo narrativo, ma insieme mettiamo in atto un rito, un rito antichissimo, come quello dei nostri antenati, seduti intorno al fuoco.
Leggere ad alta voce è un atto profondamente corporeo, che convoca la voce, certamente, e questa è manifestazione di molto altro. È manifestazione sia del bagaglio emotivo e affettivo di ognuno, sia del corpo, che è cassa di risonanza unica e così attraverso la voce comunichiamo la nostra identità e il nostro “esserci tutti interi”. 

Siamo infatti interi. Troppo spesso a scuola chiediamo ai bambini di “spezzarsi”. Per timore del caos, chiediamo loro il silenzio, o di “parlare a bassa voce”. È difficilissimo, parlare a bassa voce. Più facilmente si sussurra. Ogni bambino e bambina arriva a scuola con il proprio bagaglio affettivo, emotivo, culturale, con il proprio imprinting educativo, per cui qualcuno potrebbe essere abituato solo a voci direttive, qualcuno a un uso molto ridotto della voce, altri abituati alle urla. Partendo da questa riflessione si possono stabilire giochi, abitudini e attività che possano accompagnare a un uso consapevole della voce.
E quando sperimento percorsi laboratoriali con i bambini sicuramente usciamo dal banco, ci dedichiamo del tempo in cerchio perché ognuno possa essere presente a sé e agli altri tutto intero, dunque con il corpo libero.

Perché è così importante giocare e lavorare con la voce, insieme ai bambini? 

Perché prima di ogni apprendimento, e anche per ogni apprendimento, è necessario essere in relazione. Con se stessi, con il luogo in cui ci si trova, con la narrazione che prende forma, con gli altri. Allora, quando siamo in cerchio, la voce ci mette immediatamente in relazione: per esempio attivo i bambini chiedendo loro di essere “la valle dell’eco” e “la stanza degli specchi” e inizio a proporre loro delle filastrocche che li inviterò a ripetere in modi e forme diversi. In questo modo non solo giochiamo con la voce, ma prima ancora i bambini esercitano l’ascolto e lo sguardo e nell’imitazione vanno oltre la loro zona di comfort, riuscendo a oltrepassare le proprie abitudini nell’uso del corpo e della voce, sperimentando nuove possibilità. Il passo successivo è, gradualmente, rendere consapevoli i bambini di queste possibilità.

Alessia, veniamo alla narrazione di testi ad alta voce. Qual è la chiave per proporre in modo efficace letture a bambini/e e ragazzi/e? 

Come accennavo prima, noi veniamo dai racconti intorno al fuoco. La narrazione è la matrice del nostro essere Umani e rappresenta la capacità tutta umana di vivere l’Altrove. Se noi adulti siamo consapevoli che leggere una storia è mobilitare questa capacità rituale, partendo dalla relazione, con un chiaro ruolo guida ma anche con l’intenzione relazionale che esso comporta e che la nostra voce veicola, allora il rito si fa molto potente.
E non si tratta solo di voce, perché la mia voce arriva dal corpo insieme al mio sguardo e libera la mimica e il gesto. L’esperienza allora coinvolge il tutto del narratore e il tutto dei bambini.
Alla base ci deve essere, naturalmente, una buona conoscenza del testo, perché non posso avventurarmi in un rito di cui non conosco il contenuto e il ritmo, altrimenti non riesco a condurre i bambini nell’Altrove.
Un'altra attenzione fondamentale è il ritmo. La narrazione dovrà procedere nel suo incipit con un ritmo lento, per permettere a chi ascolta di entrare nel rito, di evocare l’Altrove, e questo non è immediato e non è facile per tutti. Poi potrà prendere altre velocità. La narrazione è tessuta di contenuti e forme, di forme e suoni in parole. E nell’atto narrativo i suoni sono materia e le parole, soprattutto in poesia, sono volumi, spazio.
Un altro elemento cui prestare cura è la continuità dei riti narrativi: la pratica della lettura ad alta voce condivisa non può rimanere occasionale, deve acquisire una regolarità. Il tempo dedicato alla narrazione non è tempo perso, è tempo investito.
La scuola è l’unico luogo veramente democratico, in cui possiamo rendere accessibili esperienze a chi in famiglia non ne avrebbe l’opportunità. Tra queste, la narrazione e la lettura ad alta voce.

Alessia, quale aspetto dei tuoi “rituali narrativi” hai voglia di raccontare ai docenti di scuola primaria come vera e propria forza della pratica narrativa ad alta voce, al di là di testi che possono veicolare conoscenze, arricchimento lessicale, registri linguistici ricchi e tanto altro che ha a che vedere con gli apprendimenti curricolari?

Quando termino di leggere le storie i bambini corrono spesso ad abbracciarmi, anche se mi vedono per la prima volta. Credo che questa forte e magica vicinanza che si crea sia connessa con il fatto che mi abbiano percepita, durante l’atto narrativo, “tutta intera”. Nella narrazione condivisa ho messo tutta me stessa, mi sono svelata per ciò che sono, con il mio corpo, la mia sensibilità, il mio bagaglio emotivo. È un momento di autenticità che i bambini a loro volta colgono con tutta la loro persona. Allora penso che nel condividere letture ad alta voce si fa molto di più che promuovere apprendimenti a livello linguistico. Nell’Altrove in cui le storie ci conducono si fanno le prove generali della vita. Ricordiamocelo.

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